Tina Turner, la voce che graffia le classifiche. Tina come spesso accade alle rockstar ha unito il successo ad un drammatico vissuto personale. Ormai si è abituati al clichè della rockstar che vede il palco regalare quello che non è presente nel quotidiano. La folla, gli applausi del pubblico tendono a dare calore, un calore auto compensativo, fonte di energia e stimoli. Scesi dal palco si torna sè stessi in attesa di cogliere l’attimo che fugge.
Sappiamo tutto ormai della vita di Tina Turner, all’anagrafe Anna Mae Bullock.
Due mesi fa la ricorrenza della sua scomparsa.
Un’artista poliedrica, nata a Brownsville il 26 novembre 1939 morta in Svizzera il 24 maggio a 83 anni nel 2023.
Talento naturale, iniziò giovanissima, cantando in chiesa all’età di dieci anni. Fin da piccola trovò la sua “salvezza” nella musica. Abbandonata dai genitori, fu cresciuta dalla nonna che però morì presto. La musica era l’unica cosa che potesse darle un posto al mondo e l’applauso che riceveva quando cantava forse, un surrogato di un amore mai ricevuto.
Negli anni cinquanta si trasferì a St. Louis dove frequentò i locali in cui si suonava R&B.
Ed è proprio in quel periodo che incontrò Ike Turner, musicista già noto. Questo incontro cambiò la sua vita sia artisticamente che personalmente. Tina iniziò a cantare con la band Ike & Tina Turner Revue e presto, ne divenne la voce principale. Nel 1960 uscii il loro primo grande successo “A fool in love”. Tina divenne famosa per la sua voce potente, la sua forte energia e il suo stile inconfondibile: molto appariscente, carismatica, sgargiante e con una chioma da leonessa. Tina Turner può essere definita la regina del R&B e del Rock – Blues. Più che un’artista, Tina Turner è stata a volte definita un genere musicale. Un genere che poteva praticare solo lei. Aveva infatti un’idea molto precisa sulla canzone e di come questa dovesse essere affrontata. Nella band con Ike, Tina era sempre obbligata a muoversi in sincrono con altre due coriste e ballerine, le Ikettes, ma Tina, anche se costretta ad un doppio lavoro tra le due coriste, doveva rispettare le regole dello show comunque stabilite da Ike. In scena giocava con quell’idea di esotismo sexy: sapeva di essere troppo nera per giocarsi, in quegli anni, la carta della diva sofisticata, quindi accentuava volutamente certi tratti del suo aspetto e delle sue movenze. Nei primi anni sessanta Tina Turner era la risposta rock all’immagine pop della diva del momento Diana Ross. Quando, nel 1970, il suono di Ike e Tina si spostò più verso il rock (prodigiosi i due album di quell’anno; Come together e Workin’ together), Tina era pronta, perché il rock, lo aveva visto nascere.
Mentre la carriera musicale fioriva, viveva il suo dramma familiare sconosciuto ai più. Il marito la picchiava regolarmente, la umiliava, la controllava al punto di rendere la sua vita una prigione. Spaventata, temeva il marito. Nonostante tutto, lei continuava ad esibirsi mettendo in scena il suo grande carisma, dietro al quale nessuno immaginava il suo vissuto in privato. In seguito, raccontò altri aneddoti drammatici come quella volta che Ike l’aveva picchiata con un calzascarpe mentre era incinta oppure quella volta in cui, prima di salire sul palco, le aveva rotto il naso e la mandibola. Nel 1968 a causa delle violenze subite, Tina aveva pensato di suicidarsi.
Nel 1978 finalmente, aveva deciso di lasciare Ike dopo essersi resa conto dell’impatto che le violenze avevano sui loro quattro figli.
«Vivevo una vita di morte. Non esistevo», disse, «Ma riuscii a sopravvivere. E quando me ne andai, me ne andai. Senza guardarmi indietro». «Mi sentii orgogliosa. Mi sentii forte. Mi sentii come Martin Luther King», commentò in seguito.
La storia di una persona così famosa e apprezzata, vittima di violenza di genere, contribuì sicuramente in quegli anni, ad influenzare l’opinione pubblica e a sensibilizzare la cultura occidentale in maniera significativa circa la necessità di diffondere maggiore consapevolezza sul tema. Ciò incoraggiò certamente numerose donne a seguire il suo esempio.