Mario era un pensatore, ma un pensatore che a volte si perdeva nei suoi pensieri. Quando non si sentiva sopraffatto dalle sue difficoltà, amava riflettere sulla vita, su come le cose fossero più complesse di quanto sembrassero. Ma non si preoccupava mai di cosa fosse “giusto” o “sbagliato”. Questo lo rendeva speciale agli occhi degli altri. Mentre alcuni si concentravano sulle proprie terapie e sugli obiettivi da raggiungere, Mario si immergeva nel suo mondo di riflessioni, che prendevano forme inaspettate, a volte complesse, altre volte semplicemente bizzarre.
Ogni giorno, al centro diurno, Mario partecipava alla riunione di gruppo, un momento in cui si condividevano storie e riflessioni sul percorso di recupero. Quel giorno, però, Mario si sentiva più distratto del solito. Durante la discussione sul miglioramento delle abilità sociali, si rese conto che aveva dimenticato completamente cosa stesse cercando di dire. “Cosa pensavo di dire?” si chiese, guardandosi intorno. E così, senza pensarci troppo, cominciò a parlare di come le nuvole sembrassero cambiare forma a seconda dell’umore di chi le guardava. I suoi compagni di gruppo lo guardarono un po’ stupiti, ma poi, a sorpresa, uno di loro, Paolo, sorrise e disse: “Mario, questa è la riflessione più interessante che abbiamo avuto oggi!”
Il dialogo si trasformò in un momento di leggerezza e consapevolezza, dove ognuno dei partecipanti si sentì libero di esprimere sé stesso senza timore di giudizi. Quella discussione, che sembrava non avere direzione, finì per rivelare a tutti quanto fosse importante non avere sempre le risposte pronte, ma essere disposti a esplorare anche le zone più incerte dei propri pensieri.
Mario si rese conto di qualcosa di importante: al centro diurno, lui e gli altri potevano permettersi di essere come erano, senza la paura di dover sempre apparire “normali”. Non dovevano essere perfetti, né sempre concentrati. L’importante era accettarsi e sapere che ogni passo, anche il più piccolo, aveva valore. A volte, pensare in modo “diverso” portava a scoperte inaspettate, e quella libertà era la vera riabilitazione.
Quando la riunione terminò, Mario sentì una calma che non provava da tempo. In quel luogo, tra tante difficoltà, lui e gli altri avevano trovato uno spazio in cui potevano essere veramente sé stessi, senza giudizio, e in cui la propria autenticità era il miglior strumento di crescita.